I nostri vini alla conquista dell'America

Il Seminario ha preso il via alle 12 in punto, con cronometrica precisione. I 180 grandi vini di Toscana  erano schierati come soldatini di piombo su due lunghe tavole parallele ricoperte fino a terra da candide tovaglie. I più celebrati Super Tuscan., come ormai vengono comunemente chiamati, c’erano  quasi tutti accompagnati dai loro augusti papà  o da gallonati delegati alla bisogna. L’evento, che ha cadenza annuale, viene organizzato come sempre da The Italian Wine & Food Institute e dal suo attivissimo Presidente, Lucio Caputo, per la cronaca scampato quasi miracolosamente all’attentato dell’11 settembre scendendo a rotta di collo decine di piani di scale, giacché gli uffici del prestigioso ente nazionale erano alloggiati  in una delle due torri gemelle. Chiusa parentesi. La settimana scorsa a New York è stata la settimana del vino italiano , mai in voga come in questo periodo dal momento che c’è stato il tanto atteso sorpasso dei nostri vini nei confronti dei nostri antagonisti storici, i francesi. Conti alla mano, la maggior parte delle bottiglie stappate nella “Big Apple” parla italiano , con grande ritorno  sia d’immagine che in termini economici. Perché bere italiano fa tendenza, perché il vino italiano gratifica, sì, il palato ma anche perché il “made in Italy” parla universalmente di uno stile colto che piace e convince.  I vini americani sono spesso ancora troppo “legnosi” e sguaiati, quelli francesi “arroganti” oltre un’accettabile livello di tolleranza. Anche nei prezzi.  Non che i nostri abbiano prezzi popolari, intendiamoci.  Soprattutto quelli che hanno sfilato nella scintillante cornice dell’ Astor Room del Marriott Marquis Hotel di New York, un albergo che più americano di così non si può neanche immaginare, pacchiano e chiassoso quanto basta. Ma l’organizzazione era impeccabile e i tempi del copione rispettati al secondo.  Per gli esigentissimi palati dei giornalisti  arrivati da ogni dove e per i produttori arrivati dall’Italia hanno cucinato gli chefs del Marriott sotto l’attenta regia di Sirio Maccioni, patron dell’esclusivo ristorante “Le Cirque 2000”. Alla  fine formaggi rigorosamente italiani: fontina, Parmigiano e pecorino . Per gli oltre 3mila attenti visitatori hanno cucinato alcuni dei più prestigiosi ristoranti  italiani a  New York: il San Domenico di Tony May ,  Felidia di Lidia Bastianich, e Le madri di Pino Luongo. Di assoluto appeal  vini e marchi: Antinori, Biondi Santi, De’ Frescobaldi, Ornellaia,  Castello di Querceto, Castello Banfi, Castello d’Albola (fiore all’occhiello della Zonin), Fattoria Le Pupille, e Uggiano. Ma anche Poggio Bonelli e Chigi-Saracini di proprietà del Monte di Paschi di Siena , sponsor della riuscita manifestazione.  

Emiliana Lucchesi
"La Padania", Febbraio 2002